Casate Calabresi

RICONOSCIMENTO NOBILIARE

UFFICIALE





LEGISLAZIONE ARALDICO NOBILIARE

DEL REGNO DELLE DUE SICILIE


Principali Reali Dispacci del Regno delle Due Sicilie in materia di regolamentazione della Nobiltà



Real Dispaccio del 16 ottobre 1743:

 

Avendo supplicato al Re, Nostro Signore, con gli aggiunti memoriali, li nobili della città di Pozzuoli, a fin che resti dichiarato se il tempo notabile nel quale vive nobilmente una famiglia debba determinarsi secondo le leggi e giudicature… Sua Maestà ha dichiarato e stabilito, a tenore di quel che si è risoluto e stabilito nella causa della nobiltà della città di Bitonto, che il tempo notabile si intenda per colui il quale avrà avuto l’avo il quale abbia vissuto nobilmente, e senza esercitare uffizi o arti vili, e il padre ancora, ed il medesimo pretensore come e padre e l’avo”.


Reale Dispaccio del 25gennaio 1756:

Per l’ammissione de Cadetti nelle Truppe per incontrastabile principio ne’ domini di S.M., la Nobiltà si distingua in tre classi.
La prima di Nobiltà Generosa, si verifichi col possesso di un feudo nobile nella continuata serie di secoli, con le pruove legittime di aggregazione tra Nobili di Città regia, nella quale sia una versa Separazione, o con l’origine d’ascendente, che per la gloriosa carriera delle Armi, della Toga, della Chiesa, o della Corte abbia ottenuto distinto, e superior Impiego, o Dignità, e che i suoi Discendenti per lo corso di lunghissimo tempo si sian mantenuti nobilmente, facendo onorati Parentati, senza mai discendere ad Ufizj vili, e populari, né ad arti meccaniche, ed ignobili.
La seconda detta di Privilegio, comprenda tutti Coloro, che per meriti, e servizj personali prestati alla Corona e allo Stato, giungono ad essere promossi a gradi maggiori, ed onorifici della Milizia, della Toga, e della Corte. E tutti coloro, che nelle dette, ed altri Classi di real servizio, e dello Stato giungono ad ottenere decorosi impieghi, i quali imprimono carattere.
La terza chiamata Legale, o sia Civile comprenda quelli, i quali facciano costare avere così essi, che il loro Padre, ed Avo vissuto in Città demaniale, e regia, escluse le baronali, sempre civilmente con decoro, e comodità, senza esercitare carica, e impiego basso, e popolare, e sono sempre stati riputati dal Pubblico Uomini onorati, e dabbene.
La Nobiltà della prima Classe, si esigge per chi aspiri a servir da Cadetto ne’ Regimenti provinciali.
Quella della seconda basti per entrare a servir da Cadetto ne’ Regimenti, o altri Corpi delle Reali Truppe. Comprenda i Figli de’ Capitani inclusivamente, e sopra, de’ Ministri togati de’ Domini di S.M., de’ Presidenti di Spada, e Cappa, della Sommaria, de’ Presidi delle Provincie, de’ Tesorieri generali di ambedue i Regni, e con dispensa della minor età, incomincino a fare il servizio giunti alli anni 14. Quella della terza equivalga alla seconda, e comprenda anche i Negozianti di Cambio, o sia di Ragione, i di cui Padre, ed Avo abbiano esercitato lo stesso impiego, e non altro d’inferior condizione.
Con i Figli delli Ufiziali Subalterni si abilitano ancora quelli degli Uditori di Provincia, e di Governatori Regj: i primi all’età di 16 anni, i secondi in quella di anni 18.
E finalmente i Figli de’ Mercanti di lana, e di seta, de’ quali il Padre, ed Avo abbiano fatto ugual negozio, possian essere aggraziati a servire da Cadetti solamente nell’età di anni 18”.

Reale Dispaccio di Ferdinando IV del 24 dicembre 1774:

«Si faccia costà la divisione dei ceti in tre classi. Una cioè delle famiglie nobili, la quale comprender debba tutti coloro che vivono nobilmente e che li di loro maggiori così parimenti hanno vissuto; con includersi in detta classe li nobili di privilegio, cioè, li dottori di legge, li dottori di medicina, in quanto però alle persone non già alle famiglie. Ben inteso che li dottori di legge, subito avranno da padre in figlio acquistato lo stesso onore, debbono essere ascritte le famiglie delli medesimi al primo ceto, purché non si esercitino i mestieri vili e servili. Non così per li medici, l’ascrizione dei quali alla prima classe sarà sempre delle persone tantum, e con condizione espressamente richiesta in detta Real Carta, che non possano essi giammai essere eletti per individui del Decurionato o per annuali amministratori dell'Università. Nella seconda classe vuole il Re che vi siano ascritte le famiglie di coloro che vivono civilmente, come ancora li notari, li mercanti, li cerusici e gli speziali; e nella terza finalmente gli artisti e li bracciali».

Real Dispaccio del 27 novembre 1780

Tratta delle condizioni necessarie per non perdere la nobiltà pur vivendo in una città feudale.

Confirmando il Re la sua Real determinazione de’ 20 giugno 1763, con cui dichiarò che i soggetti i quali pretendessero di servire in qualità di Cadetti nei reggimenti nazionali di questo regno, provar dovessero la loro nobiltà generosa, a norma di quanto da S.M.C., suo augusto padre, trovasi già stabilito nel primo capo della Prammatica de’ 25 gennaio 1756. E considerando S.M. che vi sono molte città nel regno, che prima erano Regie e Demaniali, e quindi sono state infeudate, nelle quali, prima dell’infeudazione, vi era distinzione di ceto, che si è ritenuta anche dopo; come ancora che il passaggio di un luogo a ragion di feudo non debba produrre un perenne pregiudizio a tante nobili famiglie, fra le quali molte rinomate ed illustri; si è degnata la M.S. uniformandosi al parere umiliatole dalla Real Camera di S. Chiara, nella sua consulta de’ 18 agosto del corrente anno, che continuino dette famiglie a godere delle distinzioni a cui avean titolo prima della infeudazione di dette città, la quale in verun modo deve recar svantaggio alle qualità del sangue, in togliere la continuazione del godimento della nobiltà generosa, quando l’abbiano anteriormente conseguita e sia pienamente provata con legittimi godimenti, e che possono gl’individui delle famiglie medesime essere ammessi a servire in qualità di cadetti ne’ cennati reggimenti nazionali, allorché piaccia a S.M. di loro accordare grazia.

Con questi principii dichiara inoltre S.M. che, quando provisi legittima la discendenza del cadetto del reggimento di fanteria di Reale Italiano N.N. di Sessa (di cui trattò ancora la cennata consulta di essa Real Camera) da famiglia che godeva da due secoli del distintivo di nobile; non sia di ostacolo al medesimo, per entrare a servire ne’ reggimenti nazionali, il ritrovarsi la sua famiglia in luogo baronale, purché prima di situarvisi fosse effettivamente nobile, o che tale fosse riconosciuta in detto luogo prima di esser feudo, e che il medesimo fosse allora nella classe delle città Regie. Lo partecipo nel Real nome a V.S. Ill.ma per intelligenza, e adempimento della riferita Real Camera di S. Chiara”.

 

Real dispaccio 7 maggio 1795:

Si stabilì che gli ufficiali delle Reali Segreterie di Stato e parimenti i loro figli, avessero diritto agli onori spettanti alla prima classe di nobiltà generosa di privilegio.

 

Real dispaccio 20 dicembre 1800:

Si fa divieto ai nobili di contrarre matrimoni indegni ed indecenti.

 

Ministeriale del 7 dicembre 1839:

Secondo le nostre leggi, comprare una terra sulla quale era attaccato un titolo, non importa comprare il titolo. Le contrattazioni per terre feudali sono permesse, dappoiché l’abolizione della feudalità ha ridotto ad allodii le terre soggette a vincolo feudale. I titoli non però han conservato lo stesso divieto che vi era per le antiche leggi de’ feudi, e le stesse regole di trasmessione da persona a persona. Così non possono formar materia di particolari contrattazioni. E questi principi regolatori della materia sono stati applicati a parecchi casi particolari”.

 

Real rescritto 2 dicembre 1843:

Ho rassegnato a S.M. l’avviso emesso dalla Real Commissione dei titoli di nobiltà del 28 settembre del cadente anno sulla domanda di N.N. diretta ad essere riconosciuto nel titolo di marchese, di cui nel 28 agosto 1829 fu decorato lo zio di lui, cav. N.N.; e la M.S., nel Consiglio Ordinario di Stato del 28 dell’or caduto mese, non ha trovato luogo alla domanda, perciocché nelle concessioni di nuovi titoli comprendonsi coloro che appartengono alla sola famiglia del concessionario; ed inoltre nel caso di che trattasi, la forma della concessione del primo intestatario e pei suoi discendenti esclude i collaterali del primo concessionario, massimamente quando discendano da femmina”.

 

Reale rescritto 29 luglio 1853:

(…) nella successione dé titoli materni, in difetto di prole maschile, succede colei che gode la prerogativa dell’età, quantunque sia congiunta pel solo lato materno; e come, dopo abolizione della feudalità  e dé fidecommessi, i titoli spettino sempre a’ discendenti legittimi e naturali di coloro che, a quell’epoca, li godevano”.

 

Reale rescritto 10 settembre 1855: 

Si stabilì che i figli adottivi non succedevano agli onori nobiliari dell’adottante.

 

Reale rescritto 11 ottobre 1855: 

Si stabilì che agli affini non possono succedere nei titoli nobiliari.

 

Reale rescritto 15 ottobre 1857: 

Si stabilì che il grado di giudice di Gran Corte criminale non produceva nobiltà generosa o di privilegio.

 

Reale rescritto 19 dicembre 1857: 

Si stabilì che solo agli ufficiali delle antiche Reali segreterie di Stato, nonché ai loro discendenti, spettava la nobiltà generosa di privilegio.

 

Altre indicazioni sulla regolamentazione dello status nobiliare nel Regno delle Due Sicilie

* A Cosenza, già dal 1558, ai dottori ed alle loro famiglie, per ricompensarli della perdita della carica di avvocato della città, furono riconosciuti tutti i privilegi spettanti alla nobiltà cittadina 

[cfr. G. Galasso, Economia e società nella Calabria del Cinquecento, pag. 323].

* Nella costituzione di Monteleone fu riconosciuto il diritto ai dottori di legge e ai medici, che vivessero nobilmente e i cui padri avessero vissuto nobilmente, nonché ai loro discendenti che continuassero a vivere nobilmente, di essere ammessi a godere la nobiltà [cfr. G. Galasso, ibidem, pag. 325].

* Per la città di Catanzaro, nel 1647 i borghesi più distinti nelle professioni, nella fattispecie i dottori fisici, furono ammessi a godere delle prerogative della nobiltà 

[A. Placanica, Uomini strutture economia in Calabria nei secoli XVI – XVII, Vol. I, “Demografia e società”, pag. 161].












Col Regno d’Italia (4 maggio 1861-18 giugno 1946), la nobiltà Italiana era invece disciplinata dall'art. 1,2,3,4 del Regio Decreto del 7 giugno 1943 n. 651 dell'ultimo ordinamento del Regno, in materia nobiliare, recitava:


Art. 1. E' attributo della Sovrana Prerogativa del Re Imperatore:

a) stabilire norme giuridiche aventi forza di legge per l'acquisto, la successione, l'uso e la revoca dei titoli, predicati, qualifiche e stemmi nobiliari;

b) concedere nuovi titoli, predicati, qualifiche e stemmi nobiliari; rinnovare titoli e predicati, estinti per mancanza di chiamati alla successione; sanare le lacune e le deficienze nella prova di antiche concessioni o nel passaggio dei relativi titoli e predicati; autorizzare l'accettazione di titoli, predicati e qualifiche nobiliari concessi a cittadini italiani da Potenze estere;

c) decretare la perdita delle distinzioni nobiliari o del diritto a succedervi o la sospensione del loro uso. Le norme giuridiche in materia nobiliare sono emanate mediante decreti Reali controfirmati dal Capo del Governo. Esse sono inserite nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti e dell'avvenuta inserzione si dà annuncio nella Gazzetta Ufficiale, la quale provvede in pari tempo alla pubblicazione dell'atto inserito.


Art. 2 -i titoli, i predicati, le qualifiche e gli stemmi nobiliari sono mantenuti a coloro che vi hanno diritto in conformità delle norme vigenti e si acquistano per successione.


Art. 3- Sono concessi dal Sovrano i titoli di Principe, Duca, Marchese, Conte, Visconte, Barone e Nobile. Sono riconosciuti, oltre quelli sopracitati, se derivano da antiche concessioni, anche i titoli di Signore, Cavaliere ereditario, Patrizio e Nobile di determinate città. Il titolo di Nobile è comune agli insigniti di ogni altro titolo.


Art 4. – (Dei provvedimenti nobiliari): i provvedimenti nobiliari sono o di Grazia o di Giustizia.

I Provvedimenti di Grazia sono presi o Motu proprio o su proposta del Duce del Fascismo, Capo del Governo, ed emanati per decreto Reale seguito da Regie Lettere Patenti; quelli di Giustizia sono emanati per decreto del Capo del Governo.

I provvedimenti nobiliari emanati mediante Decreti Reali sono controfirmati dal Capo del Governo, registrati alla Corte dei Conti, trascritti in apposito registro nel Regio Archivio di Stato di Roma e conservati in originale nell'Archivio della Consulta Araldica.

La Consulta Araldica fu un collegio istituito dal Regno d'Italia nel 1869 per dare pareri al governo in materia di titoli nobiliari, stemmi e altre pubbliche onorificenze, che divenne il massimo organo consultivo (non giurisdizionale) in campo araldico dell'ordinamento

monarchico italiano.

Alcune funzioni della consulta relative all'araldica civica e degli altri enti pubblici sono, nell'Italia repubblicana, competenza del dipartimento del Cerimoniale di Stato della Presidenza del Consiglio dei ministri.












Oggi la Repubblica italiana, contrariamente a quel che diffusamente si crede, in realtà le famiglie nobili italiane possono oggi contare sulla certezza dei loro diritti tutelati proprio dalla Costituzione della Repubblica Italiana, diritti ripresi anche dalla Suprema Corte di Cassazione (S.U. 20 maggio 1965 n.986 e 987, Cass. 18 dicembre 1963 n.3189) relativamente al diritto di cognomizzare il predicato nobiliare spettante, ai sensi del secondo comma della XIV disposizione transitoria dell’attuale costituzione repubblicana.

Disposizione sancita anche da Cfr. Cass. SS.UU. 06/04/1964 n. 751.  La sentenza di Cass. civ. 07/03/1991, n. 2426.

I predicati nobiliari sono quindi funzione sociale di elemento distintivo dell’identità delle famiglie, utili a evitare confusione con altri soggetti (sentenza 10936/1997 della Corte di Cassazione), diritto che trova fondamento anche nell’art. 2 della Costituzione repubblicana; art. 7 c.c. articoli che infatti tutelano i diritti inviolabili dell’uomo nella complessa unitarietà e di tutte le sue componenti, e dunque sia come singolo, sia, appunto, nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità.

Anche il Consiglio di Stato – Sezione I, del 12 aprile 2012 n. 1783, ha confermato che i predicati nobiliari servono per meglio identificare una persona o un gruppo familiare che ha goduto di nobiltà legata all’intestazione di un feudo.

Dottrina espressa anche da

Corte cost. 3 febbraio 1994, n. 13.

Cass. Civ., n. 2426 del 7-3-1999.

Cass. Civ. n. 10936 del 7-11- 1997.

Cass. Civ. n. 2361 del 1978; n. 2426 del 7-3-1991).

Cons. Stato Sez. I 17/03/2004 n. 515.

Cfr. SS.UU. sent. n. 935 del 24/03/1969.

Cfr. Trib. Catania n. 3786 del 02/10/1998.

Le famiglie che hanno quindi goduto di un titolo nobiliare di origine feudale, possono dunque richiedere alla magistratura ordinaria l'aggiunta del loro predicato nobiliare al cognome, dimostrando con documenti storici di averne diritto.

Tale diritto viene applicato dalla magistratura della Repubblica Italiana, con sentenza detta di "cognomizzazione" del predicato nobiliare.

Il predicato nobiliare come tale passa quindi a tutta la discendenza, e viene formalmente trascritto sulla carta di identità e sul Registro Anagrafico dello Stato Civile dell’avente diritto.

Per la Repubblica Italiana, sono dunque riconosciuti nei loro diritti famigliari, sociali, e storico-nobiliari, solo quelle famiglie che hanno ottenuto sulla carta di identità la cognomizzazione del predicato nobiliare spettante, che viene quindi tutelato dallo stato da abusi o usurpazioni, quale patrimonio storico dei casati italiani, nonché quale prova di appartenenza allo status nobiliare.

Esempi di predicato nobiliare:



Per cognomizzare un predicato nobiliare, si deve proporre un’azione di contenzioso ordinaria nei confronti del Pubblico ministero dell’Ufficio Araldico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, e delle eventuali controinformazioni.

Il giudice nomina un CTU (Consulente Tecnico Ufficio), che spesso è uno storico, araldista, genealogista, il quale prende in esame le prove documentali fornite dal richiedente.

In caso di esame favorevole, il giudice con sentenza ordina allo spettante ufficio anagrafico l’aggiunta del predicato nobiliare dell’avente diritto, sul Registro Anagrafico, e conseguentemente sulla sua carta di identità.

Il predicato nobiliare viene quindi ufficialmente tutelato dall’ordinamento repubblicano, e diviene trasmissibile a tutti i discendenti, rientrando nella normativa di tutela al nome.

In conclusione la Repubblica Italiana non può concedere nuovi titoli nobiliari, ma riconosce e tutela formalmente i predicati dei titoli nobiliari esistenti prima del 28 ottobre 1922.

Ne consegue che oggi la Repubblica Italiana e quindi il suo ordinamento giuridico, riconosce solo quelle famiglie nobili che hanno cognomizzato il proprio predicato nobiliare sulla carta di identità, sul passaporto, e quindi sul Registro Anagrafico e su quello dello stato civile.

Diversamente le casate che non ottengono la cognomizzazione del predicato nobiliare spettante dall’attuale ordinamento repubblicano, rimangono nobili solo per il precedente ordinamento monarchico, cioè per il Regno d’Italia, ma non per l’attuale Repubblica Italiana.

Si ripete quindi la stessa situazione in cui si erano venute a trovare le famiglie nobili degli stati preunitari (Regno delle due Sicilie, Gran Ducato di Toscana, Stato Pontificio, ecc. ecc.), le quali con l’avvento del Regno d’Italia (1871), dovevano ottenere una rinnovazione del titolo nobiliare spettante da parte del nuovo regno italiano creato dai Savoia, dato che diversamente sarebbero rimaste nobili solo per il rispettivo stato preunitario, ma non per il neo Regno d’Italia.

In conclusione con la Repubblica Italiana le certificazioni nobiliari, sono state praticamente sostituite dai provvedimenti della magistratura ordinaria, relativamente alle sentenze di accoglimento della cognomizzazione del predicato feudale sui documenti anagrafici e dello stato civile, nel rispetto della XIV disposizione transitoria dell'attuale costituzione italiana, per la quale i predicati feudali esistenti prima del 28 ottobre 1922 fanno parte del cognome.

Relativamente alla creazione e concessione di nuovi titoli nobiliari, essendo i titoli nobiliari di regia prerogativa (cioè concessi o revocati unicamente da un monarca che regna su un trono, così come sancito dal R.D. 7.06.1943 dell’ultimo statuto fondamentale del regno), ed essendo invece il Presidente della Repubblica, capo di uno stato appunto repubblicano, in base al primo comma della XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione repubblicana, egli non può creare e concedere nuovi titoli nobiliari a chi ne sarebbe meritevole (come invece accade con gli stati monarchici).


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